mercoledì 6 aprile 2016

Kurt Cobain, montage of heck


Kurt Cobain è un cantante che rappresenta moltissimo per me, a distanza di 22 anni dalla sua scomparsa (5 aprile 1994, avevo 9 anni e non avevo minimamente l'idea di chi fosse) , ascolto ancora quotidianamente gli album dei Nirvana che continuano a suscitarmi emozioni, ricordi, sensazioni. Cobain rappresenta per me la figura di un genio della musica che non è riuscito ad adattarsi a questo brutto mondo, tanto da sentirsi costretto a lasciarlo a soli 27 anni, proprio quando da questo mondo veniva sì accettato, ma anche vivisezionato e fatto a pezzi quotidianamente. Tutta la ricchezza e la fama non hanno significato niente per lui, questo mondo era troppo complesso e lo aveva rifiutato già troppe volte. 
Ho visto ultimamente il documentario "Cobain: montage of heck" del regista Morgen, che è riuscito ad accedere a filmati, registrazioni ed altre rarità con la complicità della figlia e della ex moglie del cantante. Non le trovo mai operazioni sensate quelle di andare a scovare nelle rarità e nell'intimità di una leggenda del rock come lui, ma d'altra parte anche io ero curioso di vedere cosa ne fosse uscito fuori. E devo dire che personalmente il documentario mi è piaciuto molto, restituisce un quadro dell'artista nudo e crudo, anche se ovviamente un indirizzo (un punto di vista) da parte del regista e della famiglia sarà stato inevitabilmente dato, ma ognuno è libero di interpretare come vuole quello che vede.  
Per me che non ho vissuto direttamente quegli anni,  l'ascesa dei Nirvana al vertice del rock mondiale, questo docu-film è stato preziosissimo per ricostruire il clima dell'epoca, soprattutto dopo l'esplosione del fenomeno Nirvana. Nella prima parte viene fuori un ritratto privato e tutta la crescita personale dell'uomo, reso fragile da una separazione traumatica dei genitori e dal rifiuto conseguente che ricevette prima in famiglia e poi a scuola, per finire nella società del tempo. Ne viene fuori un ritratto di una persona geniale ma allo stesso tempo fragile, debole e insofferente. Circondato da un mondo che non accetta e non condivide, in cui si sente ostaggio e prigioniero, alla ricerca di una felicità e di una normalità mai trovata, con un vuoto dentro che non verrà mai colmato, neanche dalla fama, dai soldi e dalla notorietà, che si trasformeranno in un boomerang pochi anni più in là. 
Nella seconda parte del documentario, vengono messi in evidenza gli attacchi della stampa, l'invasione della privacy, la curiosità morbosa dei media e l'amore per la moglie e per la figlia sempre attenzionata da servizi sociali e media. Una persona che si è sempre sentita rifiutata e mai accettata, anche nel momento in cui c'erano milioni di persone che lo adoravano e amavano, pronti a proclamarlo come profeta di un'intera generazione. 
Ma la sua iper sensisbilità non gli ha permesso di prendersi la responsabilità di questo ruolo, troppo grande per lui. 
Un iper sensibilità che lo porta a prendere 67 pasticche di sonniferi solamente per il fatto di aver saputo che la moglie aveva avuto il pensiero di tradirlo, solamente un mese prima di quel fatidico aprile di 22 anni fa. Un mese dopo la tragica decisione che ci ha privato di una delle menti più geniali che la musica rock abbia mai espresso. Cosa avrebbe potuto fare Kurt Cobain in questi anni, musicalmente parlando, purtroppo, non lo saprà mai nessuno, abbiamo certamente perso un valore inestimabile, un contributo che poteva essere davvero preziosissimo. Ma d'altra parte,"With the lights out, it's less dangerous..."

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